Un campione vasto (2.775 giornaliste) e un tasso di risposta di circa il 30%: i risultati della prima survey somministrata nel settore giornalistico e realizzata su basi scientifiche sorprendono sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo.
Abbiamo incontrato Alessandra Mancuso, la giornalista che ha reso possibile scavare in questo terreno così difficile e insidioso: quello delle molestie sessuali sul luogo del proprio lavoro.
Da dove è nata l’esigenza di fare un sondaggio sul tema molestie?
Sull’onda del #metoo. In Italia è stata pubblicata una lettera scritta da 124 attrici e professioniste dello spettacolo intitolata Dissenso comune, il cui obiettivo era una riscrittura degli spazi di lavoro e la creazione di una sorta di manifesto, pensato da un collettivo determinato a far sì che le denunce di molestie, moltiplicatesi anche in Italia dopo il caso Weinstein, non cadano nel dimenticatoio. A partire da quel documento due colleghe, Tiziana Ferrario e Anna Bandettini, scrissero a loro volta una lettera evidenziando la necessità di far emergere il fenomeno e di denunciare. Questa lettera raccolse in pochissimo tempo più di 700 firme di colleghe. All’epoca ero la presidente della Cpo Usigrai (la commissione pari opportunità del sindacato dei giornalisti e delle giornaliste n.d.r.) e abbiamo organizzato un’iniziativa alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, l’FNSI, con le colleghe giornaliste e con le attrici e le registe di Dissenso Comune. Da questa occasione prese corpo la decisione nella Cpo di dare il via a questa indagine che è stata la prima realizzata nel mondo del giornalismo sulle molestie su basi scientifiche, avvalendoci dell’aiuto di Linda Laura Sabbadini (che è una statistica, studiosa di cambiamenti sociali, pioniera negli studi di genere ed ex Direttrice Centrale dell’Istat n.d.r.). Una grandissima opportunità ma allo stesso tempo un limite. Per rendere l’indagine fondata su basi scientifiche, infatti, ci siamo dovute basare su una popolazione “certa”, dunque quella delle giornaliste assunte da una redazione e che abbiamo potuto mappare e rintracciare attraverso le email (sulle quali abbiamo inviato il sondaggio). È rimasta scoperta l’area che più probabilmente è soggetta al fenomeno: quella del lavoro autonomo e precario, ossia le freelance.