illustrazione di una matrioska che si apre

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Insieme siamo partite, insieme torneremo?

La marea transfemminista di Non una di meno che ha travolto l’Italia: storia e prospettive di un collettivo che si è radicato negli anni nelle grandi città ma anche nelle piccole province
artwork: Francesca Stella Ceccarelli

Il mio ingresso nel mondo dell’attivismo femminista è arrivato tardi (superati abbondantemente i trent’anni) e con strumenti di comprensioni limitatissimi. Per dare un quadro della mia ignoranza, vi basti sapere che ho risposto al desiderio di avere un contatto con il blasonato “femminismo” aprendo la barra degli strumenti di Google e cercando: femminismo-sede-roma.

Quelli seguiti alla ricerca di cui sopra sono stati mesi di tentativi, spesso fallimentari, ma anche esilaranti e che mi hanno permesso di capire la complessità delle realtà e istanze che girano intorno al mondo del cosiddetto “femminismo” (e non a caso è più corretto parlare di “femminismi”).

I miei girovagare si sono provvisoriamente interrotti quando ho intrecciato la mia strada a quella di un allora nascituro movimento dentro il quale mi sono sentita a casa per tanto tempo: Non una di meno. Un movimento nato dal basso che ha saputo creare nel tempo un legame privilegiato con i territori che ha attraversato.

Uno degli slogan più emozionanti di Non una di meno recita: “Insieme siam partite, insieme torneremo, non una di meno”. Se si parla di territori e femminismo, la domanda è quindi necessaria: come siam partite, insieme?

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Marzo 2015/26 novembre 2016 | Dall'Argentina a Roma: la nascita

Ni una mujer menos, ni una muerta más (Né una donna in meno, né una morta in più) sono i versi di Susana Chávez, la poeta messicana vittima di femminicidio, che hanno ispirato la denominazione del movimento contro il femminicidio e la violenza sulle donne nato in Argentina nel marzo 2015: Ni una menos.

Il movimento si è esteso rapidamente come mobilitazione globale in altri paesi sudamericani (Messico, Perù, Cile), fino a raggiungere la Polonia, dove nel 2016 grazie alle proteste di piazza è stata bloccata una proposta di legge per vietare le interruzioni di gravidanza in caso di gravi malformazioni del feto, e gli Stati Uniti, in cui ha dato impulso al movimento di denuncia di molestie e abusi sessuali noto come #MeToo.

In Italia Non una di meno nasce a Roma nel 2016 dal confronto tra diverse realtà femminili e femministe (Io Decido – Rete Romana, UDI – Unione donne in Italia, D.i.Re – Donne In Rete contro la violenza). L’inizio di questo percorso collettivo è stato segnato da una imponente manifestazione di piazza il 26 novembre 2016, seguita il 27 novembre dall’approfondimento e dalla definizione di un percorso comune che ha portato alla stesura di un piano femminista contro la violenza di genere attraverso la costituzione di 8 tavoli tematici e di lavoro collettivo. Un documento costruito dal basso che ha raccolto definizioni, pratiche e metodologie contro la violenza maschile sulle donne. Una violenza che è articolata in una molteplicità di forme e che aggredisce tutti i campi dell’esistente: dal lavoro alla salute sessuale e riproduttiva, passando per la formazione e la narrazione mediatica che da sempre utilizza strumentalmente i corpi delle donne.

8 marzo 2017 | Chiamata allo sciopero internazionale delle donne di Ni Una Menos

Pietra miliare della storia del movimento italiano è stata l’adesione allo sciopero globale in occasione della Giornata internazionale della donna insieme ad altri 40 paesi nel mondo l’8 marzo 2017. Una giornata che ha avviato un momento di mobilitazione femminista attraverso lo strumento dello sciopero generale, indetto da diverse sigle sindacali al fine di garantire un’astensione reale dal lavoro produttivo e riproduttivo e il coinvolgimento delle donne dentro e fuori i luoghi di lavoro.

Novembre 2017 | Presentazione del piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere

Dopo un anno, che ha visto al lavoro decine di assemblee cittadine, assemblee nazionali e 9 tavoli tematici, la piattaforma politica e strategica costruita dal basso dal movimento Non Una Di Meno lancia il Piano femminista contro la violenza maschile e di genere, un documento di analisi e proposte che viene celebrato in piazza il 25 novembre, a Roma, in occasione della manifestazione nazionale per la giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere. Il Piano si basa sul presupposto che la violenza maschile contro le donne è sistemica, attraversa cioè tutti gli ambiti delle nostre vite e si fonda su comportamenti radicati. È implicita nella costruzione e considerazione sociale del maschile e del femminile, per questo parliamo di violenza di genere. E no, non può essere superata nell’ottica dell’emergenza.

8 marzo 2018 | Da #metoo a #wetoogether

Nell’anno del #MeToo, l’attenzione (e tensione) mediatica è al culmine. Asia Argento e Rose McGowan partecipano al corteo della capitale accendendo il faro del nazional popolare. Il rifiuto della violenza maschile in tutte le sue forme e la rabbia di chi non vuole esserne vittima si sono trasformate in un grido comune: da #MeToo a #wetoogether.

26 maggio 2018 | Quarant'anni di legge 194

Il 22 e il 26 maggio, a quarant’anni dall’approvazione della legge 194 che legalizza l’interruzione volontaria di gravidanza, Non Una Di Meno torna nelle piazze di tutta Italia forte della solidarietà dei movimenti femministi che in tutto il mondo, dall’Argentina all’Irlanda, dalla Polonia agli Stati Uniti, hanno rimesso al centro del dibattito pubblico la giustizia riproduttiva e la libertà di scegliere. Il movimento rivendica la libertà e i diritti conquistati in decenni di lotte collettive, per dire che la sessualità delle donne non è finalizzata alla procreazione, che la maternità non è un obbligo ma una scelta.

2019 | Il consolidamento prima della Pandemia

“Contro la vostra violenza, la nostra rivolta!”. Questo è lo slogan scelto per accompagnare la manifestazione del 23 novembre 2019 che ha inondato le strade di Roma contro la violenza patriarcale, economica, istituzionale. L’unico cambiamento possibile è a partire dalla rivolta permanente: dalle pratiche, dalle lotte, dalla solidarietà femministe.

2020/2021 | La posizione di NUDM sull'emergenza sanitaria

Nudm analizza le conseguenze dell’emergenza sanitaria portata dalla pandemia di Covid-19, dando voce a paradossi, contraddizioni e questioni passate sotto silenzio. L’emergenza sanitaria, infatti, esaspera una «normalità» fatta di violenza, privilegi, emarginazione, oppressione, sfruttamento, smantellamento del welfare, e questo giudizio è confermato dalla situazione prodotta dopo il primo mese di «politiche di contenimento». Il documento prodotto si occupa di violenza maschile contro le donne e contro le persone LGTBQIA+, degli effetti dei tagli ai centri antiviolenza, di chi non ha una casa e di chi è rinchiusa e rinchius* in un centro di detenzione o di «accoglienza». Si occupa di interruzione volontaria di gravidanza il cui accesso rischia di saltare in tempi di coronavirus, del diritto alla salute per chi è costrett* ad andare a lavorare, di carico lavorativo negli ambiti professionali fortemente femminilizzati e del doppio carico di lavoro imposto in casa con il telelavoro, di sciopero e di didattica online. E prende posizione sul decreto del governo che risulta inadeguato e escludente per tutta una serie di lavoratrici della cura e dell’assistenza e per le figure meno tutelate del lavoro.

27 novembre 2021 | Ci vogliamo vive!

La marea femminista e transfemminista ritorna in piazza per il corteo nazionale a Roma al grido di “Non una di meno”. Dopo un anno di stop imposto dalla pandemia, è quanto mai urgente riprendere la parola e lo spazio pubblico contro la violenza maschile sulle donne e di genere acuita dalla crisi pandemica e da una politica istituzionale preoccupante e ostile alle donne, alle persone LGTBQIA+ e alle persone più esposte alla crisi economica, sociale e sanitaria.

8 marzo 2022 | Sciopero contro la guerra, per il disarmo!

Il 24 febbraio 2022 il mondo assiste all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e a un rischio di escalation. Lo sciopero femminista e transfemminista è la risposta del movimento alla produzione e riproduzione di un sistema basato sulla violenza strutturale, di cui le guerre sono una delle espressioni più organizzate e intense. Per questo quello dell’8 marzo 2022 è anche uno sciopero contro la guerra e il riarmo. Dire no ai conflitti militari con una lettura femminista e transfemminista vuol dire riconoscere che sono il frutto di una violenza imperialista e di Stato ed espressione di rapporti di dominio, che impongono conseguenze pesantissime alle popolazioni coinvolte con differenze determinate dalle gerarchie sessiste, classiste e razziste.

26 novembre 2022 | Basta guerre sui nostri corpi: rivolta transfemminista

Sale la marea in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne e di genere. Il corteo nazionale convocato da Non Una di Meno contro la violenza maschile sulle donne e di genere è una mobilitazione contro le guerre sui nostri corpi: contro la violenza patriarcale; contro l’economia di guerra che cancella il nostro futuro e le priorità poste dalla pandemia. Crisi climatica, violenza economica, disuguaglianze e impoverimento colpiscono soprattutto le donne, le persone LGTBQIA+, migranti, precarie. Contro il governo guidato ora da Giorgia Meloni che attacca l’aborto e l’autodeterminazione riaffermando il diktat “Dio, Patria, Famiglia”, l’educazione alle differenze e sessuale nelle scuole e il welfare e il reddito di cittadinanza, misura insufficiente e condizionata, che ha una platea a maggioranza femminile. Pieno appoggio alle donne iraniane in rivolta contro l’oppressione del regime, facendo nostro lo slogan “Donna, Vita, Libertà” che da Rojava diventa inno di lotta per l’autodeterminazione di tuttə.

Non solo città

Da questo excursus verrebbe da pensare che l’azione principale del movimento sia ambientata nella capitale. Ma il nostro paese è fatto soprattutto di province, nelle quali il femminismo delle precedenti ondate non è entrato se non marginalmente. Come ha scelto Nudm di rapportarsi con i territori? Lo abbiamo chiesto a Carla Maria Ruffini e Serena Fredda, attiviste rispettivamente di Reggio Emilia e Roma: «In decine di città italiane, dal 2016 a oggi, sono nate assemblee di Non Una Di Meno. Il percorso è pubblico e aperto, e la mappatura delle assemblee territoriali è in costante aggiornamento», spiegano. «È importante e significativa la diffusione capillare, anche nelle province più piccole, di forme assembleari di Non Una Di Meno in grado di mettere in rete collettivi femministi già esistenti, reti di libere soggettività, in molti casi i centri antiviolenza del territorio, persone singole, di agire insomma da collettore di attivismo politico e culturale e di pratiche concrete». In generale le città – e soprattutto le città di provincia – sono «terreno di sperimentazione di politiche ispirate a concetti di sicurezza e decoro che escludono, criminalizzano e vittimizzano. Come riportano moltissime attiviste, sono le città di provincia a essere frontiere, terreni di sperimentazione di misure e politiche “neo-patriarcali”, transomofobiche ed esplicitamente anti-femministe. Pensiamo alle occupazioni della Limonaia a Pisa come prima articolazione territoriale del progetto web di Obiezione respinta, o della casa delle donne di Alessandria, o della Magnifica a Firenze, e alla conquista dello spazio transfemminista ‘Marielle Franco’ a Reggio Emilia: gli sgomberi e le chiusure sono intervenute a ripristinare la legalità, concretamente hanno contrastato il processo di radicamento territoriale del movimento che passa anche per questi esperimenti di trasformazione dello spazio urbano e per la costruzione concreta della città transfemminista», raccontano Carla Maria e Serena. E il pensiero va anche, naturalmente, a Lucha y Siesta a Roma, «uno spazio di cultura transfemminista, una casa rifugio, uno sportello antiviolenza di nuovo e costantemente sotto attacco».

O ancora: «Pensiamo a regioni come l’Umbria e le Marche e all’ostruzionismo alle nuove linee guida sulla RU486 con i poteri consentiti all’amministrazione sanitaria regionale, usati dalla destra ora al governo del paese». Quando la nuova ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni parlano di applicazione della 194 «fanno riferimento proprio a questi modelli e all’interpretazione zelante e restrittiva della legge. La capillarità della presenza sul territorio sostanzia anche il monitoraggio dei servizi socio-sanitari, come per esempio i consultori, l’accesso all’aborto, la somministrazione della RU486. La raccolta dei dati sull’obiezione di coscienza alla fonte, regione per regione, ne è un esempio e si esplicita nelle pratiche di supporto e accompagnamento all’aborto, come avviene per esempio nelle Marche». Anche l’osservatorio sui femminicidi, transcidi e lesbicidi di Non una di meno, aggiungono le attiviste, «nasce dall’esigenza di mettere in comune pratiche di visibilizzazione e lotta contro la violenza e pratiche di supporto e accompagnamento, specialmente in penosi percorsi processuali».

Le sfide non mancano. «Un dato che ci sembra importante rilevare nella sua problematicità è la difficoltà di costruire assemblee nel Sud Italia», raccontano ancora Carla Maria Ruffini e Serena Fredda. «Lì dove la crisi sociale ed economica ha colpito di più e dove l’assenza di reddito e i servizi inesistenti scaricano soprattutto sulle donne il peso della disoccupazione, della dipendenza economica dalle famiglie e del lavoro domestico, si registra anche la difficoltà di dare forma e continuità a percorsi di attivazione. Questo è un dato su cui ci stiamo interrogando, soprattutto nell’ottica di costruzione reale di uno sciopero della produzione, della riproduzione e del consumo per il prossimo 8 marzo e nel contesto del governo della guerra ai poveri».

Moltiplicare le assemblee in città e paesi è un obiettivo fondamentale per dare forza e potere a progetti femministi. Quali sono quindi i passi necessari per aprire un’assemblea di Nudm in territori ancora non coperti? «Non Una Di Meno non è una rete di franchising, non è nemmeno un’associazione con un direttivo che decide di aprire una nuova sede», replicano Serena e Carla Maria. «Si tratta di un movimento che esiste ormai da sette anni e che, per mantenere nel tempo la forma di movimento e tutelare al massimo il carattere orizzontale e pubblico del percorso intrapreso, si è data degli strumenti di coordinamento nazionale. Prima di tutto ci sono le assemblee nazionali in presenza, dove si discute, ci si confronta sui temi all’ordine del giorno, si elaborano progetti e programmi, si condividono pratiche e strumenti di lotta e si prendono decisioni. Abbiamo inoltre delle forme di coordinamento nazionale e locale operative animate dalle assemblee territoriali attive. Disponiamo di canali social molto attivi, da sempre strumenti fondamentali di connessione e comunicazione. Ma soprattutto il movimento si è dato una cornice politica condivisa che è il Piano femminista contro la violenza, scritto in un anno e mezzo di tavoli tematici da migliaia di mani, una sorta di manifesto, un piano delle lotte e delle rivendicazioni a partire dal quale si articola il lavoro collettivo territoriale, nazionale e transnazionale. La costituzione di nuovi nodi territoriali quindi deve necessariamente partire dal basso, dal desiderio delle attiviste presenti sul territorio, presuppone la condivisione dei contenuti del Piano e la disponibilità ad articolare un percorso aperto e pubblico di attivazione e mobilitazione».

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