In Italia il maggior numero di coppie dello stesso sesso unite civilmente si trova al nord – è il 61,2% del totale, secondo l’Istat – con una buona prevalenza a Milano. Infatti secondo i dati relativi al 2020 e 2021 le coppie omosessuali sposate che risiedono al sud o nelle isole sono poco meno del 12%.
Il divario messo in luce da questi dati è lampante e ci restituisce l’idea dell’ennesima spaccatura del paese fra nord e sud, ma anche fra le grandi città e le province.
Ma c’è di più, perché se l’idea che molte coppie unite civilmente si trovino in una zona d’Italia che offre più probabilità lavorative (e quindi un maggiore benessere economico) può essere plausibile, a darci qualche sospetto è che le coppie in questione sono quelle dello stesso sesso.
Viene da chiedersi se esiste un divario fra alcune zone d’Italia che rende più o meno difficile essere una coppia, che so, lesbica a Milano invece che a Bari, a Roma invece che a Colleferro.
E d’altro canto possiamo affermare per esempio che in tutto il territorio nazionale ci sia la stessa diffusione di presidi culturali, di luoghi aperti alla comunità LGBTQIA+, di eventi (pubblici o iniziative private) sulle questioni di genere? Lo stesso livello di educazione sessuale nelle scuole, di medici obiettori o di centri antiviolenza?
Le cronache e i numeri ci raccontano altro. Ci parlano di un paese frammentato sul piano culturale e dei diritti, in cui la cultura femminista non ha avuto la forza di insediarsi in modo profondo ovunque.
“Immagino sia più difficile fare coming out come elettrauto in un piccolo centro che come artista nella capitale”, scrive Chiara Sfregola nel suo Signorina.
Frisson n.14, il personale è geografico
La questione territoriale è dunque un tema centrale nel dibattito transfemminista e non si può davvero parlare di intersezionalità senza tenerla presente. Lontanə dalla volontà di scatenare tifoserie o fazioni opposte, in questo numero digitale – il quattordicesimo – abbiamo voluto far luce su questo tema partendo dalla riflessione di Maria Elena Memmola Tripaldi – lo strillo della cover “Il personale è geografico” è proprio preso in prestito dal suo articolo – che si chiede come cambia l’esperienza queer e femminista in periferia. Esiste, scrive Memmola Tripaldi, un femminismo terrone che sta riempendo gli spazi lasciati vuoti e denunciando un certo atteggiamento “milanocentrico” nella bolla femminista. E c’è tanto da fare.
Melania Sestili Mieli traccia poi la storia del movimento femminista più radicato in Italia, Non Una Di Meno, dalla nascita in Argentina fino a noi. È la prima volta che NUDM viene raccontata così, nella sua completezza anche cronologica. E proprio di sud America si sono occupate Maria Francesca Marras Pinna e Claudia Ska, tracciando insieme il profilo di quella parte di mondo che più sta facendo sentire la propria voce femminista, rivoluzionaria, ma anche violenta. Dal Messico al Cile, dal nostro sud al sud del mondo.
Questo non è che un inizio, perché il numero 14 non si chiude con questi articoli, ma ne contiene altri che usciranno nelle prossime settimane. Continuate a leggerci.