Stati Uniti, anni ’70: i movimenti di liberazione gay si stanno rafforzando sempre più e finalmente si inizia a respirare un’aria di cambiamento in tutto il mondo.
Eppure negli stessi anni alcune associazioni ultra-religiose stanno facendo conoscere al paese le terapie di riconversione, promettendo di riportare le persone omosessuali “sulla retta via”. Sono vicine alla chiesa evangelica e intercettano giovani, adolescenti e genitori impauriti. La più popolare alla fine degli anni ’70 è Exodus, le cui vicende sono al centro del documentario Pray Away (Netflix) uscito nel 2021.
A raccontarla sono gli ex leader dell’associazione, fra i quali John Paulk, Yvette Cantu Schneider e Randy Thomas. Si facevano chiamare “ex gay” e il loro scopo era quello di convincere le masse che le persone gay potessero essere salvate: loro ne erano la prova. Un’idea totalmente idealizzata: lo sa bene Exodus, che è immischiata con la politica e collusa con associazioni di terapeuti. Lo capiscono anche alcuni ex-leader, costrett* a reprimere i loro sentimenti per anni temendo di deludere l’associazione e loro stess*.
La spietata manipolazione psicologica viene subìta dai seguaci – donne e uomini, adolescenti e adult* – che credono di dover diventare dei cristian* migliori. Ma il risultato è stato l’incremento di suicidi, l’autolesionismo e indelebili danni psicologici in chi non ha saputo portare a termine quella “missione”.
“Come posso fare questo alla mia comunità?”, confessa di aver pensato Randy Thomas in lacrime, dopo aver visto le conseguenze delle “terapie”. Una visione non facile, quella di Pray Away, che testimonia i danni inflitti alla comunità LGBTQIA+ attraverso lo strumento della paura, alimentata anche dalla pandemia dell’Aids negli anni ’80.
Exodus ha chiuso i battenti solo nel 2013, ma nuovi e popolari movimenti hanno subito rimpiazzato la sua attività. Per esempio The Changed Movement, associazione ultracattolica che oggi riscuote un entusiasmo agghiacciante. Fra i suoi leader c’è l'”ex persona transgender” Jeffrey McCall che in Pray Away racconta il suo “impegno”. Cos’altro serve per condannare chi usa la presunta fede religiosa come bandiera per ripudiare i diritti della comunità LGBTQIA+?