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Cicli naturali ed ecologia mestruale

Un nuovo approccio per vivere meglio e salvare l’ecosistema. Nel saggio “Questo è il ciclo” Anna Buzzoni ribalta tutti i luoghi comuni sul ciclo mestruale aprendo la strada a un profondo cambiamento. Su mestruazioni e non solo.
la foto simboleggia i cicli naturale e l'ecologia riproducendo la forma dell'utero e delle ovaie con fiori arancio gialli e rossi su fondo salmone
img credit: pikisuperstar (Freepik)

La cronobiologia è una branca delle scienze biologiche che studia i fenomeni ciclici negli organismi viventi. Negli ultimi anni questo ramo di studi si è sviluppato moltissimo, fornendo informazioni preziose per la salute degli esseri umani: basti pensare che nel 2017 il Nobel per la Medicina è stato assegnato a tre genetisti – Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young – per le loro importanti ricerche sui meccanismi molecolari che sono alla base del ciclo circadiano. 

Anche quello mestruale rientra tra questi cicli ma nella mentalità comune l’argomento è tuttora considerato un tabù. O, nel migliore dei casi, una seccante ricorrenza mensile. Nel suo saggio “Questo è il ciclo” (Mimesis, 2022) accompagnato dalla prefazione di Jennifer guerra, l’autrice Anna Buzzoni – consulente mestruale e ricercatrice indipendente – propone un approccio diverso alla ciclicità, compresa quella mestruale, invitandoci a conoscerla e a imparare a cavalcarla.

Mimesis Edizioni, 2022 - 22€

Cosa potrebbe accadere, per esempio, se considerassimo la fase premestruale come un raffinato test che ci consente di eliminare tutto ciò che è tossico? O se scoprissimo che il dolore durante i giorni delle mestruazioni non è affatto normale ma, al contrario, è un sintomo importante che va colto e correttamente diagnosticato? Per comprenderne qualcosa di più, abbiamo intervistato l’autrice a partire dal concetto introduttivo del suo testo: la “matrice ciclica”.

Buzzoni, che cos’è la matrice ciclica?

La ciclicità è una prassi della natura che ritroviamo praticamente ovunque. È il modo evolutivo più testato ed efficace: questa dinamica è presente non solo negli esseri umani ma in tutto ciò che vive e che non vive. La matrice ciclica è un modello comune a tutti i cicli: è come uno spartito musicale ed è relativamente semplice. Tant’è che si può ridurre a quattro macrofasi, sempre identiche: tutto ciò che esiste segue questi quattro “atti” e quando la matrice viene assecondata e favorita ogni cosa funziona meglio. Grazie a questo modello comune possiamo trasferire conoscenze da cicli che conosciamo bene, come quello delle 24 ore, a quelli che, per svariate ragioni, conosciamo peggio, come quello mestruale. Questa matrice può essere utile per approfondire la salute mestruale e per costruire percorsi educativi di qualità. La matrice è anche utile anche per disegnare e costruire processi e prodotti ecologici, e le sue applicazioni sono multidisciplinari. 

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tabella con le quattro fasi del ciclo mestruale
Le quattro fasi del ciclo mestruale (Illustrazione di Paola R. Pallavicini)
Il ciclo circadiano o delle 24 ore (fonte: Studio Medulla
Il ciclo circadiano o delle 24 ore (Illustrazione di Paola R. Pallavicini)
Il ciclo del respiro o delle 24 ore
Il ciclo del respiro (Illustrazione di Paola R. Pallavicini)

Di recente si è cominciato a parlare di più e meglio di ciclo mestruale. Ma l’accezione comune continua a essere perlopiù negativa.

Quello mestruale è il ciclo più bistrattato di tutti: ancora oggi è carico di tabù e ammantato di vergogna. Non essendo indispensabile alla sopravvivenza, come il ciclo del respiro o quello digestivo, occupa un posto più basso nella gerarchia dei cicli vitali umani. Ciò non toglie che abbia un’importanza enorme, che non si limita alla riproduzione della specie ma riguarda la salute della persona. Viviamo in una società patriarcale che da sempre demonizza i corpi delle donne stigmatizzandoli: il retaggio culturale è ancora molto forte anche se, grazie al femminismo, le cose iniziano a cambiare. Il fatto stesso di mettere l’accento solo sulla mestruazione (che è solo una delle quattro fasi , ndr) anziché considerare il processo nella sua interezza è molto significativo. Conoscerlo e rispettarlo, invece, rappresenta un vantaggio considerevole non solo a livello personale ma anche collettivo. Si tratta di decostruire uno stereotipo molto solido che associa tuttora questo fenomeno fisiologico alla sofferenza e al malessere. Quello femminile in generale, e mestruale in particolare, è l’unico dolore normalizzato nella nostra società: percepirlo prima e durante i giorni della mestruazione è considerato inevitabile. D’altra parte, la stessa cultura biblica di cui la nostra società è impregnata ricorda alle donne che sono “nate per soffrire” e che tale sofferenza va sopportata, possibilmente col sorriso, no? Niente di più sbagliato: in assenza di specifiche patologie che lo spiegano, il dolore mestruale, come qualsiasi altro dolore, non è affatto normale. I crampi dell’utero sono un segnale del corpo che ci invita, per esempio, a cambiare marcia: sta avvenendo qualcosa che necessita di un ritmo diverso ma, a causa della frenesia della nostra società, non possiamo farlo. Ecco allora che il corpo soffre, proprio come quando non può dormire a sufficienza. In altri casi i dolori mestruali potrebbero segnalare diete o stili di vita inadatti a quella specifica persona, o un ambiente inquinato.

Quindi andrebbe istituito un congedo mestruale? Che ne pensa?

Non credo che sia questa la soluzione. O meglio, sono convinta che il problema sia a monte: è importante introdurre l’educazione mestruale perché così si dà potere alla persona di cambiare la realtà in modo più sostanziale. Qualcosa di simile al congedo mestruale andrebbe dato a tutte le persone perché viviamo seguendo un ritmo a dir poco frenetico: avere un paio di giorni al mese in cui rallentare farebbe bene a chiunque, come dimostrano gli esperimenti sulla settimana lavorativa corta. Lavorare di meno, assecondando di più i nostri ritmi biologici e le loro onde energetiche sarebbe di grande aiuto non solo per noi ma anche per l’ambiente. Inoltre, ho qualche difficoltà a sostenere l’istituzione di un congedo mestruale perché, come evidenziato dalle ricerche della dottoressa Sally King, questa misura rafforza lo stigma che normalizza il dolore e penalizza le donne nei contesti lavorativi. Quando la mestruazione è molto dolorosa o addirittura invalidante vuol dire che c’è un problema, per esempio l’endometriosi. In tal caso serve piuttosto un congedo di malattia o, meglio ancora, un congedo per le malattie croniche da usare finché si cura, se possibile, la patologia che è la vera causa del dolore. Ma in altri casi, quello che manca è l’educazione alla salute mestruale che va rispettata da chi ha questo ciclo e da tutta la società. Talvolta è proprio tale mancanza che crea i presupposti per cicli problematici.

Per ragioni simili non vede di buon occhio nemmeno la prescrizione della pillola anticoncezionale per ragioni non contraccettive, vero?

Credo che i contraccettivi ormonali siano una risposta efficace per chi soffre, per esempio, di endometriosi dolorosa. Ma in altri casi vengono prescritti come prima e unica risposta a problemi quali acne, irregolarità o sbalzi d’umore, senza indagare le cause sottostanti e senza fornire tutte le informazioni corrette ma, al contrario, facendo spesso intendere che abbiano proprietà curative. Questa tipologia di farmaci sopprime completamente il ciclo mestruale, cioè elimina il campanello di allarme senza curare la causa. Sopprimere il ciclo con nonchalance significa che lo si considera utile solo alla riproduzione, ma oggi sappiamo che non è affatto così. La letteratura scientifica dimostra ampiamente che questo ciclo ha tante altre funzioni: protegge dall’osteoporosi, dal cancro al seno e dalle malattie cardiovascolari, solo per fare qualche esempio, ma soprattutto scandisce un ritmo mensile ben preciso che andrebbe conosciuto e rivalutato. Inoltre, manca anche il consenso informato, perché tutti i farmaci presentano dei rischi: solo se la persona è correttamente informata è davvero libera di decidere.

Anche per questa ragione è importante conoscere la propria “ecologia mestruale”, tema che affronta estesamente nel saggio. Di che cosa si tratta?

L’ecologia mestruale è lo stato di salute del proprio ecosistema, interno ed esterno, che si riflette nel buon funzionamento o, viceversa, nei problemi del ciclo mestruale. Per conoscerla è utile imparare a osservare e a interpretare correttamente alcuni specifici segnali, detti biomarcatori. In questo modo si acquisisce maggiore consapevolezza non solo del proprio ciclo mestruale ma più estesamente del proprio corpo e delle modalità con cui reagisce al contesto, facendo sì che funzioni meglio. Questo significa aumentare salute, ingegno, creatività e, di conseguenza, valore sociale e prosperità. Nel saggio ci sono le informazioni teoriche principali e alcuni spunti pratici che possono essere poi approfonditi attraverso una consulenza specifica. Ignorare il funzionamento del ciclo mestruale crea un buco enorme a chi ce l’ha e questo aumenta il gender gap. Mentre gli uomini vengono cresciuti nel rispetto del loro corpo e nell’idea che sia legittimo affermarsi nel mondo, la dignità dei corpi femminili continua a essere negata e, con essa, una parte strategica del  suo potenziale. Inoltre, proprio in virtù della matrice che li accomuna, possiamo comprendere più a fondo questo ciclo trasferendo le conoscenze che già possediamo da quelli più studiati, come il ciclo circadiano o digestivo, e imparando a cavalcare le energie vitali che si muovono fuori e dentro di noi. Vivere rispettando i cicli ci rende persone migliori, più compassionevoli, più creative e persino più efficienti: ci consente, insomma, di vivere in prosperità e in sinergia con noi stessə e con l’intero ecosistema.

© Riproduzione Riservata

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Cristina Notarnicola Cassese

Antropologa culturale, autrice e formatrice, si occupa di rappresentazioni e stereotipi, con particolare attenzione ai gender studies e alle arti performative. Conduce laboratori motivazionali nelle scuole e collabora a diversi progetti di divulgazione culturale con associazioni pubbliche e private. È autrice e speaker del podcast “Nomadismo Professionale”.

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