È notte fonda e arriviamo ai Magazzini Generali di Milano mentre fuori si gela dal freddo: perfetto! Il clima è assolutamente in tema con lo spettacolo che ci apprestiamo a raccontare.
C’è già una fila lunghissima: tuttз attendono ordinatamente di entrare all’ormai consueta e rinomata serata de La Boum.
Sono trascorsi sette anni e poco più dalla prima volta che La Boum è andata in scena. Fino allo scoppio della pandemia da Coronavirus le serate si tenevano all’Arizona 2000, un club in zona Loreto. Poi il locale è stato chiuso, come purtroppo molti altri che non hanno superato la crisi pandemica.
La Boum invece resiste e ora è ospite fissa dei Magazzini Generali: un’istituzione in città.
All’ingresso ci accoglie Alessandro Onori, uno dei direttori creativi dell’evento, che lo ha fondato assieme a Riccardo Marinangeli e Giuseppe Pisano, con il quale abbiamo modo di chiacchierare prima dell’inizio dello show.
La Boum è un’espressione francese nonché titolo del celebre film del 1980 che in Italia è stato tradotto come “Il tempo delle mele”.
Significa “festa casalinga tra amici” ed è così che è nata l’idea del trio, racconta Pisano a Frisson. «Ci siamo trovati ad avere la stessa idea, ma ognuno di noi aveva un pezzo diverso da raccontare. Io per esempio mi occupo delle atmosfere, dell’ambientazione e della parte creativa, Riccardo cura la parte musicale, mentre Alessandro quella relativa all’entertainment, ossia lo spettacolo vero e proprio. Abbiamo lo stesso spirito, quindi abbiamo unito le suggestioni, rendendoci conto che i pezzi messi in gioco da ciascuno collimavano perfettamente con quelli degli altri due».
I segreti del successo de La Boum
«All’inizio avevamo un pubblico di circa centocinquanta persone e ci esibivamo anche noi tre, seppure non sempre», racconta ancora Pisano.
Il successo è arrivato relativamente in fretta e il cambio di location ha offerto la possibilità di avere anche uno spazio esterno per le esibizioni durante la bella stagione.
La Boum si considera una famiglia: ci sono persone che ne fanno parte dagli albori come la drag queen Frida, il cui nome di scena da quest’anno è Mr Franco, fino a Jamila Solis e Roelle, giovanissime drag queen che hanno cominciato di recente. E poi Lilly Love, che – seppure nuova del gruppo – calca i palchi da anni; Naomi Tisdale, Lina Galore, Angel McQueen sono alcuni dei nomi della family formata da dodici performer.
«Siamo noi a scegliere le drag queen. Alle serate ce ne sono molte che vengono a vederci e noi le osserviamo, non ci scappa nulla. Facciamo una sorta di scouting. Se notiamo alcune che per noi hanno un potenziale per La Boum, ci proponiamo. Se accettano, entrano gradualmente nello spettacolo e via via performano sempre di più fino a fare parte del gruppo in modo stabile», racconta Pisano a Frisson.
Agli show non partecipano tutte: ci sono otto drag queen presenti, di cui quattro fanno palco – ossia stanno in scena – mentre le altre quattro hanno dei numeri a rotazione. Ogni venerdì ci sono circa quattro o cinque esibizioni. Si comincia alle 2:00 con la sigla: sullo schermo gigante viene proiettato un montaggio di pezzi di film in cui si balla e poi parte l’esibizione delle drag queen. Prima un pezzo corale seguito da un intervallo musicale, e poi a partire dalle 2.45 circa cominciano le esibizioni singole, una ogni mezz’ora fino alle 4 del mattino. La serata però termina intorno alle 5.
Niente viene lasciato al caso e La Boum è un ingranaggio che funziona in modo impeccabile, sotto la supervisione dei tre direttori artistici, presenti e attenti affinché tutto vada come previsto e desiderato.
«Prima di cominciare, Alessandro, Riccardo e io decidiamo il tema della stagione, che fa da colonna portante per elaborare tutti i temi infrasettimanali e tutte le esibizioni settimanali. Per esempio quest’anno abbiamo deciso di far diventare La Boum una rivista. Aiutati da Alberto Degano, ogni settimana realizziamo la copertina del magazine, gli diamo un titolo così da caratterizzare anche gli show e pubblichiamo tutto sui nostri canali social. Oggi è il freddo, infatti apriamo con Frozen di Madonna interpretata da Angel McQueen. Prendiamo spunto dagli argomenti di attualità che ci colpiscono particolarmente e li commentiamo ironicamente. Come tutti i gruppi che operano in questo settore, anche La Boum ha il proprio messaggio sull’inclusione, l’identità di genere, di critica alla violenza, ma sempre in modo sottile e ironico», continua Giuseppe Pisano.
La Boum: il racconto fotografico a cura di Marco Ragaini








Divertimento e liberazione
Cosa cerca chi viene a queste serate? «Le persone vogliono semplicemente divertirsi. Uscire il venerdì sera, bere qualcosa e liberare la testa. Vogliono essere sé stesse e soprattutto sfogarsi. Anche nell’elaborazione del piano musicale, di cui si occupa Riccardo, diamo spazio a quello che può essere il canto delle persone in platea. Scegliamo dei brani iconici della musica italiana e internazionale e le persone tirano fuori la propria voglia di gridare. Credo che uno dei segreti del nostro successo sia avere performer che reggono il palco, molto responsabili del ruolo che hanno, che tengono il personaggio e comunicano. Ognuna ha la propria personalità e il proprio messaggio: il pubblico lo recepisce e si identifica».
Dalla pista arriva musica commerciale e sentiamo il vociare dai camerini, dove le drag stanno ultimando i propri outfit. Chi incolla le unghie finte, chi sistema la parrucca, chi aiuta una compagna a riparare il buco in una calza rotta. Sono eccitate e cariche, con la battuta pronta.
«Qui sono la più vecchia», esclama divertita Mr Franco avvicinandosi. «Ma lo dico con orgoglio!». (Non è vecchia per niente, per inciso: non ha neppure quarant’anni ed è uno schianto!)
A differenza delle altre queen della serata, Mr Franco gioca col genere in modo più ambiguo: un corpetto che lascia scoperto il petto, cappello corto nero e un baffetto precisissimo – una delle sue cifre stilistiche – sopra le labbra dipinte.
«La Boum è una famiglia allargata – racconta a Frisson – Abbiamo avuto la fortuna di trovare personalità affini anche nelle nuove generazioni, come la Z, il che non è per niente facile. Questo è un super team». Mr Franco è qui da sei anni. «Non cambierei mai family. Sono andato via da un altro locale per venire a La Boum. Ho iniziato facendo boylesque al Salon Parisien, in zona Navigli, quindici anni fa. All’epoca in quelle serate le drag queen non si potevano esibire perché era un burlesque molto classico: anche il pubblico doveva rispettare il dress code. Poi sono passato al drag. Ho lavorato tanto in Campania, di cui sono originario, e infine sono venuto a Milano, esibendomi in diversi contesti. Quando sono venuto a conoscenza de La Boum sono entrato nel gruppo e da allora non faccio altro».
Stanotte interpreta Cold hearted di Paula Abdul. Il suo genere, racconta, è fetish e bondage con qualche richiamo al burlesque in stile androgyny, sempre in chiave molto ironica.
«Questi sono i miei anni migliori – continua – Adoro i giovani di adesso, ci stanno insegnando tanto a livello comunicativo. Noi sappiamo dare loro dei principi che vanno rivisti in altra ottica, che molti miei coetanei vedono come un limite. Spesso mi chiedono: “Perché fai ancora dragging?”. Drag lo può fare un bambino, una donna, un uomo: non c’è genere o età.
Ho anche delle amiche drag king, ma non lavorano tanto in Italia. Sto spingendo per avere un drag king con noi».
«Ho iniziato a fare drag a sedici anni, a Cagliari, poi sono venuta a Milano a vent’anni per esigenze lavorative e per far evolvere il mio personaggio», racconta Lilly Love, sarda di nascita e milanese d’adozione. «Sono stata immediatamente accolta dal Plastic, qui in città, dove ho passato anni bellissimi, ma avevo bisogno di performare ed evolvere ancora, stare in mezzo ad altre colleghe e performer. Mi serviva un fil rouge che mi accomunasse a loro, ragione per cui ho scelto di unirmi a La Boum: per avere l’opportunità di esprimermi veramente con la performance».
Milano, per Lilly Love, «vive molto di club e non sempre propongono spettacoli di performing art, mentre La Boum è uno dei palchi più grandi e importanti della città per una drag queen a livello di performance e questo è molto bello. Sono entrata qua da poco ma loro sono un gruppo di amiche, persone che frequentavo precedentemente: mi sono sentita subito a casa».
Nel camerino adiacente ci sono Naomi Tinsdale, unitasi al gruppo a febbraio 2021, Lina Galore, l’ultima performer della vecchia guardia, qui da settembre 2019, e Jamila Solis, arrivata la stagione scorsa.
«Io vendo emozioni. Resto impalata, canto e la gente va in adorazione. Resta estasiata dalla mia interpretazione. Loro fanno le simpatiche perché non riescono a fare ciò che faccio io», dice Naomi Tinsdale schiarendosi la voce.
«Nasco modella, ma era too much come reference. In realtà il mio forte è la parola!», aggiunge Lina Galore. Tornano serie e Lina prosegue: «Ci sono vari format. Quando la serata è solo in discoteca come questa, si fa lipsync. Ognuna ci mette del suo. Io per esempio ho sempre un video proiettato dietro di me con cui interagisco: intermezzi parlati presi da film, video virali. C’è chi mette più espressività come Naomi, chi balla come Jamila e poi chi ci mette altra creatività.
Durante la settimana condividiamo idee, capiamo cosa funziona e una di noi prende in mano la situazione, di solito Alessandro o Riccardo.
Siamo molto affiatate fra noi. Come vedi ci insultiamo ma senza offenderci, perché ridiamo assieme l’una dell’altra. Il pubblico sente questa sintonia, che è il segreto della serata».
Le nuove drag queen
Roelle e Jamila Solis sono le “nuove” drag. La prima in un tubino nero, parrucca bionda e occhiali da sole scuri, ricorda una discreta e misteriosa Marilyn Monroe, la seconda indossa un completo formato da minigonna e top di peluche bianco con un colbacco abbinato.
Roelle ci racconta che porterà sul palco Alexanderplatz nella versione di Milva e per l’occasione metterà una parrucca ramata, per avvicinarsi ancora di più al personaggio.
Fa ufficialmente la drag queen dal 2017, prima di allora si travestiva e basta, solitamente a Carnevale. Poi ha deciso di provarci seriamente.
«Vengo da un piccolo paese e inizialmente era strano, mentre adesso che sono pubblicamente una drag è divertente. Ormai si ricordano di me come fossi il mio personaggio senza ricordare il mio nome vero – racconta Roelle – Ho cominciato come autodidatta e sto imparando con l’esperienza, seguendo il mio mood e il mio gusto. Mi ispiro alle dive e signore della Hollywood anni ‘50. Sono molto pignola nel costruire i miei personaggi, curo ossessivamente biancheria, vestiario e accessori. Credo sia deformazione professionale perché faccio la costumista».
«Ho fatto pratica salendo sul palco – dice Jamila – Ho iniziato a fare drag per esprimermi. È nato tutto inaspettatamente e velocemente. Il mio percorso è probabilmente diverso da quello di altre colleghe, perché è più veloce e con emozioni sovrapposte in un tempo brevissimo. Per ora faccio solo La Boum perché sono all’inizio e poco conosciuta. Ho fatto un tour con un artista, ma niente di più».
È giunto il momento di andare sul palco, vengono a chiamarle perché si preparino per entrare in scena. Si mettono in fila avviandosi sui loro tacchi vertiginosi, eccitate e senza perdere occasione per scambiare battute. Appena le vede arrivare, il pubblico va in visibilio con grida e incitazioni. Lo spettacolo è solo all’inizio. Ma non c’è dubbio: anche questa notte, La Boum sarà esplosiva.