Viaggiare per la prima volta: una questione di sopravvivenza

Le storie di Hope e di Dora, donne arrivate in Italia da luoghi vicini e lontani. “Ci sono ferite che non si vedono sul corpo, più in profondità e dolorose di qualsiasi cosa che sanguini”.
close-up di donna afrodiscendente, capelli con treccine rossastri e sguardo vacuo
7 Dicembre 2025
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Per molte di noi viaggiare è un diritto, esercizio di libera scelta e autodeterminazione. Per altre, però, il viaggio è l’unica via per sopravvivere. Per l’Istat in Italia si contano 3.054 donne che hanno trovato ospitalità nelle Case rifugio nel corso del 2023. In oltre il 60% dei casi (63,1%, ossia 1.928 donne) si tratta di donne straniere, non sempre residenti. Il loro itinerario non è lineare o programmato, non permette soste o visite di piacere: il diario di viaggio è dettato da una sola narrativa – la speranza di una vita migliore. 

È il caso per esempio di Hope, cresciuta a Benin City e arrivata a Roma dopo essere scappata via mare dal Libano. O di Dora, attivista spagnola, sopravvissuta prima a un attentato politico nel suo paese di origine, poi a casi di violenza domestica ed economica in Italia, dove si era rifugiata per cercare aiuto. Tra le braccia del suo compagno ha trovato invece solitudine e isolamento sociale.

Sono solo due delle tante vittime di violenza che hanno trovato ascolto alla Caritas di Roma. Per una di loro l’appartamento di semiautonomia della Caritas è stato un primo passo per tornare a vivere: la struttura fa parte di un percorso di promozione sociale pensato per donne che, dopo una fase di accoglienza protetta in comunità o centri antiviolenza, iniziano a vivere in modo più indipendente ma con un supporto ancora attivo. È uno spaccato di viaggio che accomuna tante donne, che scelgono l’Italia per chiedere aiuto o semplicemente vi si ritrovano.

Il viaggio per le donne vittime di violenza o con traumi alle spalle è un vero e proprio processo di liberazione e rinascita. È un percorso di riscatto da una vita di cui conservano ancora dolorosamente il ricordo, come per una cartolina sgualcita. Oggi, spesso, hanno fatto posto ad altri posti sicuri, a cui sono giunte dopo anni di tentativi. Secondo uno studio di Openpolis, delle 5,1 milioni di persone straniere residenti in Italia, poco più della metà sono donne. Al 1° gennaio 2023, sono circa 2.623.802 le donne straniere residenti in Italia.

Il viaggio delle donne migranti: la storia di Hope

Il viaggio di Hope inizia molto tempo fa e molto lontano. Parte nel 2014 dalla Nigeria con destinazione “abroad” (n.d.r. “altrove”), nome fittizio per un luogo sconosciuto ma per lei sinonimo di una nuova vita. Prima di arrivare in Italia Hope tenta di solcare il mare dalla Libia quattro volte. Non ha mai viaggiato prima di allora. “Lasciare il mio paese non è stata una decisione facile da prendere per me, ma era l’unico modo per sopravvivere”, racconta. “Non sapevo dove sarei andata. Tutto quello che sapevo era che stavo andando in un altro paese per avere una nuova vita e nuove bellissime esperienze”.

Lasciata Benin City, Hope attraversa deserti, ghetti, centri di detenzione, case e rifugi di fortuna, mari che vogliono dire allo stesso tempo salvezza e disperazione. “Lungo il viaggio ho visto i resti delle persone morte di stenti nel tentativo di attraversare il deserto. È stata un’altra mia prima volta: vedere delle persone morte”, confessa. “Durante questo viaggio, durato una settimana, sono stata senza mangiare, senza cibo e acqua”. Dopo mesi in giro, una volta arrivata a Tripoli, Hope chiede a delle ragazze se è quello il luogo chiamato da molti “abroad”: “Hanno riso e mi hanno spiegato che quello non era abroad, ma che sarei dovuta andare in un’altra città dove avrei preso una barca che mi avrebbe portato in Italia. Era la prima volta che sentivo nominare l’Italia”.

Hope ci impiega mesi per raggiungere le coste della Sicilia, quattro tentativi di attraversare il mare e centinaia di persone che vede morire tra quelle acque. Giunta dalla Sicilia alla Capitale via bus, “a Roma finisce e inizia un nuovo viaggio che ancora sto percorrendo”, dice. Parte di quel viaggio è di accettazione per l’esperienza vissuta.

Il viaggio di Dora e l’impegno politico

La storia di Dora invece inizia a dicembre 2024: si rivolge allo sportello sociale dopo aver vissuto per un primo periodo in Spagna. Arriva in Italia nel settembre del 2023, con la promessa di un lavoro stabile da parte di una sua connazionale, che poi di fatto non si concretizza. Nel suo Paese d’origine, Dora racconta di essere un’attivista politica, impegnata nel sostenere l’emancipazione e i diritti eleggibili delle donne che provengono soprattutto dai contesti rurali. A causa di questo suo impegno politico, nel 2021 è vittima, insieme al marito, di un attentato. Per paura di ritorsioni, è costretta a lasciare la Spagna e si mette in viaggio per l’Italia, dove non ha però vita facile: subisce prima violenza domestica e poi economica dal suo nuovo compagno, ma grazie al sostegno delle associazioni riesce a riprendere in mano la sua vita.

Racconti di viaggio di donne, in cammino come tante altre ma segnate in modo indelebile. “Tutte e tutti abbiamo una voce in questo mondo, e io credo a quelle persone che raccontano la loro storia triste”, dice Hope. “Ci sono ferite che non si vedono sul corpo, che sono più in profondità e più dolorose di qualsiasi cosa che sanguini. E però questa è la prima volta che mi sento al sicuro”.

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Immagine di Barbara Polidori

Barbara Polidori

Barbara Polidori è una giornalista che ha collaborato negli anni con diverse redazioni di cronaca e attualità, tra cui Fanpage, Repubblica, Il Messaggero, Roma Today, Il Corriere della città, HuffPost Italia, Linkiesta, The Vision, Vita.it e Business Insider, realizzando inchieste, interviste e videoreportage. È stata vincitrice del premio Asvis-Il Sole 24Ore all’interno del Master in “Giornalismo politico-economico e informazione multimediale”, realizzando il long form di storytelling giornalistico “Barriere rosa e Stem”, incentrato sul gender gap nelle imprese romane del settore ICT. Collabora con l’Università La Sapienza di Roma a progetti per ridurre il gender gap nelle carriere informatiche e sensibilizzare sulla sostenibilità ambientale, come “G4greta - Girls for Green technology Applications”, “sIAte PROMPTe!” e con il Cini a “Gict – Atlas of gender initiatives in ICT”. Ha scritto il paper accademico “A Greed(y) Training Strategy to Attract High School - Girls to Undertake Studies in ICT” sugli approcci didattici per attrarre le più giovani verso le materie tecnico-scientifiche, presentato all’interno dell’HCI INTERNATIONAL 2023 di Copenhagen. Gestisce la newsletter Substack su femminismi e gender studies dal titolo “Non si può più dire nulla”.

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