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Making the cover: il senso del San Sebastiano per Frisson

Muhammad Ali fotografato come il martire ritratto dal Mantegna. E poi c’è Diego…
Articolo Frisson n.12 - d.sign - San Sebastiano e Diego Passoni
artwork di Francesca Stella Ceccarelli

Muhammad Ali fotografato come il martire ritratto dal Mantegna. E poi c’è Diego…

L’idea dietro al concept della cover dedicata a Diego Passoni è nata guardando gli splendidi scatti fotografici di Diego Linciano. Una immagine in particolare mi ha ricordato nell’immediato lo splendido lavoro fotografico di Carl Fischer per Esquire. Parliamo del 1968: probabilmente una delle più belle cover della storia del magazine americano e in generale una delle più blasonate in assoluto.

Ma partiamo dal principio.

Questo numero di Frisson su sessualità e religione non poteva trovare un testimonial più adeguato. Passoni ha avuto un percorso spirituale che lo ha messo di fronte al credo religioso fin da giovane. E pensare a una sua “passione” in tal senso, come forma di ricerca di quale sia e come è inteso il suo credo, lo rende assolutamente sovrapponibile alla passione strillata in cover alla fine degli anni ’60 dal periodico statunitense riguardo il celebre pugile, Muhammad Ali.

Il campione, considerato uno dei più grandi sportivi di tutti i tempi, è stato tra i maggiori e più apprezzati atleti della storia sin dagli inizi della sua carriera ed è diventato presto una figura carismatica, sia dentro che fuori dal ring, con un impatto mediatico e sociale senza precedenti. 

Ali (nome di battesimo Cassius Clay) nel 1967, già campione del mondo di boxe, si rifiutò di combattere nella Guerra del Vietnam per motivazioni legate alla religione e per opposizione al conflitto. Per questo fu arrestato e accusato di renitenza alla leva oltre a essere privato del titolo iridato. Non combatté per i successivi tre anni.

L’appello del processo si fece strada fino alla Corte suprema degli Stati Uniti d’America che annullò la sua condanna nel 1971. La sua battaglia come obiettore di coscienza lo rese un’icona nella controcultura degli anni ’60. Ed è qui che si inserisce lo splendido lavoro di Esquire, gestito dall’Art Director George Lois con il celebre scatto di Carl Fischer: il pugile sofferente mani dietro la schiena trafitto da diverse frecce con l’unico strillo testuale in nero su fondo completamente bianco: “The passion of Muhammad Ali”. Null’altro in cover oltre il logotipo di testata della rivista. Un nuovo martire.

Da dove trascende questa potenza visiva? La risposta la troviamo nella vicenda del martirio di San Sebastiano, un personaggio nato nel 256 a Narbonne, in Francia, ma cresciuto in Italia, a Milano. 

Sebastiano, educato e istruito ai principi della fede cristiana, si spostò a Roma intraprendendo la carriera militare in scorta agli imperatori. Divenne alto ufficiale dell’esercito imperiale poi comandante della prestigiosa prima corte pretoria. Qui, forte dei suoi principi di fede, in contrasto però con quelli “professionali”, assiste i carcerati cristiani, si occupa della sepoltura dei martiri e diffonde il cristianesimo fra funzionari e militari di corte. Attività che, ovviamente, arrivano all’orecchio dell’imperatore Diocleziano che, visto il suo profondo odio per i fedeli di Cristo, lo condanna a morte. Sebastiano muore a Roma, flagellato, a seguito di due condanne di morte il 20 gennaio del 288. Incredibile la sua storia che lo vede scampare a una prima morte apparente e quindi nuovamente condannato. Legato a un palo sul colle Palatino, denudato e trafitto da decine di frecce, come l’iconografia classica lo rappresenta nell’immaginario occidentale, i soldati lo credono morto e lo abbandonano alle intemperie. Ma Sebastiano viene salvato da Santa Irene di Roma che recupera il corpo con l’idea di seppellirlo, ma trovandolo ancora vivo lo porta nella sua casa: Sebastiano prodigiosamente guarito torna allora da Diocleziano e lo affronta in merito alle persecuzioni contro i cristiani. Ottenendo  una nuova condanna di flagellazione a morte. Definitiva. Da tutto ciò, il celebre martirio.

Per questo la coppia creativa Lois/Fischer ha immaginato che il celebre pugile (seminudo come Sebastiano, ma in divisa da boxeur) potesse incarnare concettualmente le sembianze del Santo: Ali era stato messo ai margini e la sua carriera seriamente compromessa per i suoi ideali e il suo credo religioso. Dopo più di 1000 anni dalle vicende di Sebastiano, la storia si ripeteva in una società colma di conflitti come quella americana di inizio anni ’70.

Si narra che l’impatto mediatico alla pubblicazione di Esquire sia stato talmente alto che molti ricordano ancora il momento in cui hanno visto quell’immagine in copertina. Non poche le critiche, ovviamente, ma l’apporto alla causa dell’icona del pugilato mondiale è stato decisivo.

Ovviamente l’iconografia originale proviene dall’opera di metà ’400 realizzata da Andrea Mantegna, oggi custodita nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, che ha dato vita cinquecento anni dopo alla celebre trasfigurazione sulla copertina del magazine statunitense.

E si arriva alla nostra cover: 2022.

Mani dietro la schiena, sorriso sornione, Diego Passoni può ironicamente incarnare il trapasso del tempo e le sue peripezie: quelle di un uomo in cerca del suo Io, che fa delle sue passioni una battaglia per i molti e le molte nella sua condizione. Non sappiamo ancora se vincendo o perdendo, ma facendo quello che sente sia giusto, come già il Santo e il pugile: l’uno voleva essere militare, l’altro no.

Oggi le frecce si tramutano in fendenti arcobaleno, l’espressione passa dalla sofferenza del Sebastiano-Ali al soddisfatto Diego: quella di chi ne sa una più del diavolo, o giù di lì… 

E non è l’unico punto di contatto se si pensa che Diego Passoni si è diretto giovanissimo in Francia per cercare la fede: la stessa nazione che ha dato i natali a Sebastiano. Entrambi hanno poi scelto Milano come meta per la maturazione.

Lo strillo principale lo abbiamo deliberatamente preso in prestito dai colleghi americani raccontando una “passione” forse meno dolorosa ma non meno attualizzata.

Il mood è sempre Frissoniano, quello che ci contraddistingue e ci identifica. Ma ci fa piacere che la storia, pur partendo da lontano, sia serva di un futuro migliore. Come i diritti civili e le libertà di genere o fede.

E come Mantegna, Lois o Fischer, anche noi ci siamo serviti di immagini per raccontare la complessità e arrivare (si spera) più lontano.

Tutto questo è il senso del San Sebastiano per Frisson. 

© Riproduzione Riservata

Francesco Rubeis Mazzenga

Francesco Rubeis Mazzenga

Designer editoriale dal 2000, è stato Art Director del magazine internazionale CAR (2008-2011), Art Director del magazine sperimentale Poster (2013) e dei webmagazine Lusso Style e Uomo&Manager (2014-2015). Senior Designer nel quotidiano Corriere dello Sport – Stadio (2017-2018). Dal 2009 è docente a contratto presso le Accademie di Belle Arti di Roma, Perugia, Macerata e Frosinone, dal 2023 è Professore Ordinario di Graphic Design presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Collaboratore dal 2015 presso la Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia e dal 2016 visiting professor per la Hongyu School di Pechino.

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