“Resistenza” è una parola bellissima. E d’altro canto ci abbiamo fondato sopra, in anni ormai lontani, una democrazia, contro dittatura e oscurantismo. Una parola bellissima che in alcuni periodi storici, forse anche dell’anima, assume un significato più forte del solito. Le città e le strade che attraversiamo ogni giorno sono piene di persone che resistono, spesso nel silenzio più totale. Il merito di Michela Murgia, tra gli altri, è stato quello di portare prepotentemente, chiassosamente e più di sempre la sua resistenza all’attenzione dell’opinione pubblica. Con il suo corpo, la sua storia, il suo pensiero, la sua famiglia. Ci ha mess* di fronte allo specchio, e l’immagine che oggi quello specchio riflette è tra le più disgraziate.
Una società invecchiata, arrabbiata, inequivocabilmente in guerra a livello globale, contrapposta su piani di fanatismo pericolosi, nauseanti e che ahimè non lasciano assolutamente spiragli di speranza.
Mentre scrivo, lo ammetto, sono molto sconfortata. Sconfortata da un occidente che si schianta nella Storia e che dalla Storia meriterebbe di essere forse dimenticato. Da una civiltà che alla prova dei fatti collassa. Da un razzismo istituzionalizzato a livello nazionale e internazionale come non se ne vedeva da tanto tempo. Sconfortata da un paese come il nostro: vecchio, troppo cis, troppo governato (l’ho già detto, lo so) da maschi bianchi (rigorosamente) over 60 (molto over). Che scelgono della vita, della morte, e dell’agenda.
Come dite? Abbiamo la prima presidente del Consiglio? Una donna, è vero, un obiettivo che la sinistra fa assai più fatica a raggiungere e farsi sentire. E però è una leader che, lo ripetiamo con amarezza, ama farsi chiamare “il presidente” (ma no, non per legittime questioni di identità di genere, perché Giorgia Meloni queer non è), obbligando uffici stampa e giornalismo vario e variegato a giravolte che, se non fossero amare, sarebbero quasi divertenti. Perché il ruolo è maschio. Il potere è maschio.
Non bisogna scompaginare le carte. Una leader che presiede un governo che, se deve parlare di genitorialità e di “inverno demografico”, parla solo alle donne – vedi manovra.
Con una ministra delle Pari Opportunità (il dicastero si chiama in modo assai più nazionalista di così, naturalmente), Eugenia Roccella, che parla dell’aborto come un “diritto che le donne purtroppo hanno”.
Resistenza sono le donne islandesi, che hanno organizzato a ottobre uno sciopero di un’intera giornata, il primo dal 1975, con la richiesta fondamentale di valorizzare il lavoro delle donne, ancora, 48 anni dopo. In un paese leader globali in materia di uguaglianza di genere, in cima alla classifica globale sul divario di genere stilata dal Forum economico mondiale del 2023 per il 14° anno consecutivo: eppure in alcune professioni le donne islandesi guadagnano ancora il 21% in meno degli uomini e oltre il 40% delle donne ha sperimentato esperienze di violenza sessuale o basata sul genere. E se resistono loro, figuriamoci quanto dovremmo resistere noi.
Il privato è politico, e l’empowerment è un pilastro che così stenta ad affermarsi. E quando Meloni ha annunciato la fine della sua relazione con Andrea Giambruno ho visto donne, femministe, interrogarsi su quanto sia stato femminista quel gesto. Io sentivo solo, e continuo a sentire, un profondo fastidio perché di quella brutta storia, di quei fuori onda, del contenuto e dell’atteggiamento dell’ex first gentleman se n’è parlato sì. Ma raramente centrando uno dei punti, quello più ignorato: quanto quel comportamento – un collega maschio, nella fattispecie con più potere per varie ragioni – si senta autorizzato a disporre dell’imbarazzo di una collega, a parlare in quel modo, a toccare. Dai 30 ai 40 agli over 60 anni di cui sopra, e in tutti gli ambienti, anche nel giornalismo.
Sconfortata, ancora, per un paese che ha deciso di cancellare la genitorialità delle famiglie arcobaleno, rendendo l’affetto e i legami, nella migliore delle ipotesi, una faticosa conquista da raggiungere a colpi di sentenze, carte e soldi. Amareggiata per una società che si divide in bianco e nero, che decide cosa è famiglia e cosa è amore. E preoccupata per quella resistenza che pure c’è, e forse per fortuna non è destinata a essere sconfitta. Ma quanta fatica che fa.