Uno sporco segreto, l’ultima spiaggia per single sfigate/i, un peccato: così è percepita la masturbazione da una parte della società che abitiamo. A meno che non si tratti della pratica da macho, al contrario affabilmente tollerata e fondata su fantasie sessuali stereotipate da bianco-occidentale: le stesse che invadono film, porno tradizionale e persino spot pubblicitari.
Alle donne tocca piuttosto l’apprezzamento pubblico e la valorizzazione di virtù “addomesticate” quali l’eleganza e la purezza, che possono creare limiti castranti alla favolosità delle nostre menti.
È lì, infatti, che vivono desideri deliziosamente scellerati. E tirarli fuori per usarli a nostro piacimento è un godurioso atto di ribellione.
Prima di ogni cosa, la masturbazione è un dialogo sincero con noi stesse/i che ha il fine di portarci al piacere. Ho difficoltà a credere che una relazione sana possa svolgersi senza questo passaggio individuale. Eppure, chi vive una relazione stabile spesso si sente chiedere: “Hai una/o compagna/o, quindi a cosa ti serve pure masturbarti?”.
Ecco, per me questa domanda ha lo stesso suono della parente che dice: “Hai una/un compagna/o che guadagna ogni mese lo stipendio, quindi a cosa ti serve lavorare?”.
In una relazione si condividono le proprie risorse con generosità: non riuscirei a concepire un rapporto che non si basi su questa assunzione. Cionondimeno, sia che si tratti di risorse materiali sia che si tratti di godere, la propria indipendenza e il proprio spazio sono elementi che nutrono e arricchiscono il rapporto. Tuttavia, il pregiudizio che la masturbazione sia una pratica adolescenziale di seconda categoria è ancora forte.
E il disinteresse nei confronti dell’esperienza della masturbazione nel mondo femminile raggiunge vette preoccupanti se pensiamo che ancora oggi sulla conoscenza della clitoride e della sua reale funzione permangono molti interrogativi, nonostante gli strumenti a disposizione per gli studi anatomici siano così sviluppati.