Sesso è Potere

• 17 Ottobre 2024
sesso potere editoriale di angela gennaro

“Perché, nel giornalismo italiano, non è mai davvero emerso un #metoo come in altri settori lavorativi?”. Ce lo siamo chieste in tante, nel tempo. Nelle nostre conversazioni abbiamo anche provato a dare una risposta. Ma il dibattito ha sempre fatto fatica a partire davvero. 

Lo proviamo a fare, allora, anche nel numero 17 di Frisson: un luogo libero e indipendente, come raramente accade a una testata, in cui provare a raccontare e mettere insieme interrogativi e storie di qualcosa che di fatto, in Italia, è indicibile. 

Già, perché il patriarcato è esercizio di potere. E il potere giova a chi lo detiene e lo può esercitare. L’esercizio di potere, saldamente in mano maschile, è un fatto in tanti settori della vita del nostro paese – e non solo. Lo racconta bene Sesso è Potere 2023, un report che si occupa di potere e genere pubblicato a dicembre dello scorso anno su Marla, magazine di info.nodes, organizzazione no profit attiva dal 2020, costituita da un gruppo di persone che credono in una società libera, aperta, dove ingiustizie e ineguaglianze sono contrastate da una cittadinanza attiva. 

Le donne elette in Parlamento sono 200 sul totale di 600 seggi elettivi disponibili. Oltre alla presidenza del Consiglio, affidata a Giorgia Meloni, l’attuale governo è composto da 24 ministeri, di cui 18 presieduti da uomini e 6 da donne”, si legge. Donne che, sia detto per inciso, si fanno ostinatamente chiamare, tra l’altro, al maschile

Dei 128 ambasciatori e ambasciatrici elencati sul sito della Farnesina, “le donne sono 20 (15,6%) contro i 108 uomini (84,4%)”. E ancora: “In 6.594 comuni, cioè nell’84,7% dei casi, è stato eletto un sindaco uomo, mentre le donne che ricoprono la massima carica comunale sono appena il 15,3%, cioè 1.189. Nelle prime 50 aziende per capitalizzazione quotate alla borsa di Milano troviamo solamente 2 donne CEO. I restanti 48 posti sono tutti occupati da uomini”. Su 84 atenei, “73 hanno un rettore e 11 una rettrice: gli uomini solo quindi alla guida dell’86,9% delle università italiane”. Il conto oggi andrebbe aggiornato con la nomina di Marina Brambilla, professoressa di Linguistica tedesca, nuova rettrice dell’Università Statale di Milano. La schiacciante proporzione non cambia molto, ovviamente. In compenso è tutto un susseguirsi di domande e considerazioni del tipo “come la dobbiamo chiamare?” o “quanto suona male la parola ‘rettrice’”.

Nel report c’è anche, giustamente, la fotografia del settore dell’informazione, quello protagonista di questo numero di Frisson. All’epoca del monitoraggio “su 20 quotidiani presi in esame, in 18 casi troviamo un direttore uomo, solo in due casi una donna”: Agnese Pini al Resto del Carlino e Stefania Aloia al Secolo XIX. Qualche mese dopo, mentre andiamo in stampa, dobbiamo aggiornare il numero: dal 29 settembre Aloia non è più alla direzione del Secolo XIX, sostituita da un uomo, Michele Brambilla.

E i tg nazionali? “In tutti i 10 casi presi in considerazione il direttore è un uomo, non ci sono donne in ruoli apicali”. Eppure le redazioni sono sempre più fatte da donne. Nella cronaca, per strada, con una telecamera in mano, noi giornaliste siamo sempre di più. Ma restiamo – per tante ragioni – a ruoli ancillari. Mai o quasi mai apicali. Quelli da cui è possibile cambiare le regole del gioco. Quelli in cui si decide dell’organizzazione dell’informazione, della linea editoriale, della gestione delle risorse umane, quindi del destino di chi lavora con e per te. Mentre (ma accade a tutti i livelli) colleghe coraggiose alle cui storie di molestie e violenze abbiamo dato spazio in questo numero provano a resistere. 

il cda di Aifa con dieci uomini intorno a un tavolo riunioni, foto in bianco e nero

In termini di occupazione dei ruoli di potere e decisionali nel giornalismo non siamo certo originali:
molte e molti avranno visto quella foto (un commento in rete recitava: “Sarebbe stata più opportuna in bianco e nero”) di dieci uomini sorridenti seduti intorno al tavolo di una sala riunioni di Aifa, l’Agenzia del farmaco. Il capo è al centro, è il giorno del suo insediamento: è il nuovo presidente Robert Giovanni Nisticò. I restanti sono gli altri componenti del consiglio di amministrazione, il direttore amministrativo, quello tecnico scientifico, i revisori dei conti. Tutti uomini. Non c’erano donne di valore? Nessuna donna che potesse portare competenze e approcci diversi? Cosa significa un approccio alla salute solo ed esclusivamente maschile? Mai sentito parlare di medicina di genere? Per non parlare di quel momento altissimo, televisivo e giornalistico, in cui sette uomini privi di utero parlano di aborto a Porta a Porta, ospiti di un altro uomo, l’ottantenne Bruno Vespa. 

Lavori come il report Sesso è Potere non sono solo esercizi di stile, raccolta dati, fotografie prive di implicazioni. Un potere al maschile (o, in caso di rare donne ai ruoli apicali, declinato al maschile) sì che vuol dire patriarcato. E vuol dire non essere rappresentativo della realtà.
Lo ricordano ancora da info.nodes: “Secondo i dati Istat raccolti al 1 gennaio 2022 in Italia risiedono 58.983.122 persone, il 48,7% sono uomini, il 51,3% donne. Sempre secondo le rilevazioni Istat sui livelli di educazione e ritorni occupazionali del 2021, le donne in Italia non solo sono la maggioranza, ma sono anche più istruite degli uomini: il 65,3% ha almeno un diploma, contro il 60,1% tra gli uomini, e le laureate arrivano al 23,1% contro il 16,8% tra gli uomini. Le differenze, rileva l’Istituto di Statistica, sono ben più marcate rispetto a quelle osservate nella media Ue27”.

la trasmissione porta a porta condotta da bruno vespa con sette uomini al tavolo che discutono di aborto

Potere maschile e al maschile declinato significa perpetrare un approccio della società che non tenga conto delle differenti visioni. E le visioni possono essere differenti eccome. È differente il vissuto, gli approcci possono variare, e ben lo sa chi parla per esempio di donne come costruttrici di pace.

Sono passati più di 20 anni dalla risoluzione delle Nazioni Unite 1325 su donne, pace e sicurezza: un vero e proprio cambiamento di passo e prospettiva su questi temi. “Nelle situazioni sia di prevenzione che di gestione delle trattative di pace e del post-conflitto, le donne erano semplicemente lasciate ai margini”, ricordano le Funambole su RadioBullets. “Eppure, nel corso delle crisi, erano state prevalentemente proprio le donne a essere bersaglio di violenza sessuale, avevano sostenuto economie in fase di sbriciolamento, e riaccolto ed educato in comunità devastate ex combattenti, inclusi bambini soldato. La risoluzione 1325, approvata all’unanimità, si è proposta di porre fine a questa esclusione e prevenire e mitigare così i conflitti e le loro conseguenze grazie al contributo, la partecipazione diretta e la sapienza delle donne”. Quella la teoria. La pratica, globale e internazionale, è sotto gli occhi del mondo. 

Il #metoo, allora? Se sono una giornalista che vede ed è destinataria (lo siamo state tutte, almeno una volta nella vita) di approcci sessisti, di ricatti, anche solo di semplici battutine, in un mondo fatto da direttori, sempre maschi, bianchi, cis e possibilmente ben over 60, ci penserò mille volte prima di parlare. Quell’uomo, fosse anche solo un mio collega di pari grado, avrà sempre più potere di me. Per decidere delle mie sorti lavorative, o – qualora non me ne dovesse fregare niente, e giusto non sarebbe – per schiacciarmi più o meno pubblicamente. Perché il substrato culturale lo fa lui insieme alla schiera di colleghi, capi e manovalanza che nemmeno un potere detenuto da una donna oggi riesce a cambiare. Perché quella donna sa che per mantenerlo non deve infrangere le regole del sistema. Deve essere, ancora, funzionale al patriarcato che la “tollera” lì.  

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Angela Albanese Gennaro

È la direttrice responsabile di Frisson. Giornalista freelance, videomaker per Ansa dove si occupa di cronaca, tematiche di genere, temi sociali, immigrazione. È autrice con Cecilia Ferrara di Perdersi in Europa senza famiglia (Altreconomia, 2023) e cura su Radio Bullets, webradio specializzata in Esteri, un podcast sulle notizie di genere dal mondo. Già videomaker per Il Fatto Quotidiano e photo editor per Associated Press Italia, tra le testate con cui ha collaborato ci sono tra l’altro Repubblica.it, Il Venerdì, Current TV, Il Reportage, la Zdf.

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